TRIBUNALE DI VICENZA 
                           Sezione penale 
 
    Il Tribunale di  Vicenza  -  in  composizione  monocratica  -  in
persona del giudice dott.ssa Elisabetta Pezzoli,  all'udienza  del  7
aprile 2022, nel procedimento penale nei confronti  di  S.  G.,  nato
a...., con domiciliato dichiarato c/o la propria residenza, in....  -
libero, assente; 
    Difeso di fiducia dall'avv. Dario Lunardon del foro di Vicenza. 
    Imputato: 
        1) del delitto di cui all'art. 10-ter, decreto legislativo n.
74/2000 perche' in qualita' di amministratore  della  societa'  S....
S.p.a. sede in  via.....,  non  versava  entro  i  termini  previsti,
l'acconto relativo al periodo 2011, dell'imposta sul valore  aggiunto
dovuta, in base alla dichiarazione annuale per l'importo di  euro....
. 
        In.... il.... Proc. n. .... R.G. Dib.); 
        2) del delitto di cui all'art. 10-bis, decreto legislativo n.
74/2000 perche' in qualita' di legale rappresentante  della  societa'
S.... S.p.a.,  corrente  in.....,  via.....,  non  versava  entro  il
termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale  di
sostituto  d'imposta  mod.  770,  ritenute  alla  fonte  relative  ad
emolumenti  erogati  nell'anno   d'imposta   2012   per   l'ammontare
complessivo di euro.... . 
        In.... il.... (Proc. n. .... R.G. Dib.); 
        3) del reato p. e p. dall'art. 10-ter, decreto legislativo 10
marzo 2000, n. 74, perche' nella sua qualita' di amministratore della
«S.... S.p.a.  di....,  ometteva  di  versare  l'imposta  sul  valore
aggiunto - per l'importo complessivo di euro....  -  dovuta  in  base
alla dichiarazione dell'anno 2012 entro il termine per il  versamento
dell'acconto  relativo  al  periodo  di  imposta  successivo  del  27
dicembre 2013. 
        Accertato dall'Agenzia delle entrate di.... nel.... (Proc. n.
.... R.G. Dib.); 
        4) del delitto di cui all'art. 10-bis, decreto legislativo n.
74/2000 perche' in qualita'  di  legale  rappresentante  della  S....
S.p.a. con sede  in....,  via.....,  non  versava  entro  il  termine
previsto  per  la  presentazione  della  dichiarazione   annuale   di
sostituto  d'imposta  mod.  770,  ritenute  alla  fonte  relative  ad
emolumenti  erogati  nell'anno   d'imposta   2013   per   l'ammontare
complessivo di euro.... . 
        In.... (Proc. n. ....); 
        5) del delitto di cui all'art. 10-ter, decreto legislativo n.
74/2000  perche'  non  versava  entro  i  termini  previsti  per   il
versamento dell'acconto relativo  al  periodo  d'imposta  successivo,
l'imposta sul valore  aggiunto  dovuta  in  base  alla  dichiarazione
annuale, periodo d'imposta 2014, per l'importo di euro..... . 
        In.... il.... (Proc. n. ....); 
        6) in  ordine  al  reato  di  cui  all'art.  10-bis,  decreto
legislativo n. 74/2000 perche',  in  qualita'  di  rappresentante  di
«S.... S.p.a.» con sede legale in...., via.... non versava  entro  il
termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale  di
sostituto d'imposta (mod. 770/2015) ritenute dovute sulla base  della
stessa dichiarazione, riguardanti i redditi di lavoro dipendente, per
complessivi euro afferenti l'anno di imposta 2014. 
        In...., il.... (Proc. n. ....); 
        7) del delitto di cui all'art. 10-bis, decreto legislativo n.
74/2000 perche', in qualita' di liquidatore e  legale  rappresentante
di «.... S.r.l. in liquidazione» (gia' «S.... S.p.a.» con sede legale
in....,  via....  non  versava  entro  il  termine  previsto  per  la
presentazione della  dichiarazione  annuale  di  sostituto  d'imposta
(mod.   770/2017)   ritenute   dovute   sulla   base   della   stessa
dichiarazione,  riguardanti  i  redditi  di  lavoro  dipendente,  per
complessivi euro.... afferenti l'anno d'imposta 2017. 
        In...., il.... (termine previsto per la  presentazione  della
dichiarazione per l'anno d'imposta 2017) (Proc. n. ....); 
        8) del delitto p. e p. dagli articoli 81 cpv. c.p. e  10-bis,
decreto legislativo n. 74 del 2000 perche', con piu' azioni esecutive
di un medesimo disegno criminoso poste in essere in tempi diversi, in
qualita' di liquidatore della  societa'....  s.r.l.  in  liquidazione
(gia' S.... S.p.a.), ometteva di versare, entro il  termine  previsto
per la presentazione della dichiarazione  annuale  di  sostituto  di'
imposta mod.  770/2017,  ritenute  dovute  sulla  base  della  stessa
dichiarazione relative ad emolumenti erogati: 
          nell'anno di imposta 2015 (termine ultimo previsto  per  la
presentazione della dichiarazione.... per  un  ammontare  complessivo
pari ad euro ...., cosi' come accertato dall'Agenzia delle entrate  -
Direzione provinciale di....: 
          nell'anno di imposta 2016 (termine ultimo previsto  per  la
presentazione della dichiarazione ....), per un ammontare complessivo
pari ad euro...., cosi' come accertato dall'Agenzia delle  entrate  -
Direzione provinciale di.... 
        In...., il.... (Proc. n. ....); 
        9) delitto p. e p. dall'art. 10-ter, decreto  legislativo  n.
10 marzo 2000, n. 74 per avere, in  qualita'  di  legale  liquidatore
della societa' ....  s.r.l.  in  liquidazione  (gia'  S....  S.p.a.),
omesso di versare l'imposta sul  valore  aggiunto  per  un  ammontare
complessivo pari ad  euro....,  dovuta  in  base  alla  dichiarazione
annuale per l'anno d'imposta 2016 (MOD.IVA/2017),  entro  il  termine
per  il  versamento  dell'acconto  relativo  al   periodo   d'imposta
successivo. 
        In...., il..... (Proc. n. .....); 
        10)  per  il  reato  p.  e  p.  dall'art.   10-ter,   decreto
legislativo  n.  74/2000   perche',   quale   legale   rappresentante
(liquidatore) della .... s.r.l. in liquidazione, non  versava,  entro
il termine  previsto  per  il  versamento  dell'acconto  relativo  al
periodo d'imposta successivo, l'IVA dovuta in base alla dichiarazione
annuale relativa al 2017 per l'ammontare di euro.... (e dunque per un
ammontare superiore a euro....). 
        In...., il.... (Proc. n. ....); 
        11) del delitto di cui all'art. 10-ter,  decreto  legislativo
n. 74/2000  perche',  in  qualita'  di  legale  rappresentante  della
societa' «S.... S.p.a.», con sede in...., via...., non versava, entro
il termine  previsto  per  il  versamento  dell'acconto  relativo  al
periodo di imposta successivo, l'imposta sul valore  aggiunto  dovuta
sulla  base  della  dichiarazione  annuale  per   l'anno   2014   per
l'ammontare complessivo di euro.... . 
        In.... il.... (Proc. n. ....). 
    Il  procedimento  in  esame  trae  origine  dalla  riunione   di'
procedimenti concernenti diverse annualita' e fattispecie previste  e
sanzionate dal decreto legislativo n. 74/2000 (agli articoli 10-ter e
10-bis). 
    All'udienza del 23  settembre  2021  la  difesa  dell'imputato  -
riportandosi alla memoria gia' depositata in data 17 settembre 2021 -
eccepiva, prima della dichiarazione  di  apertura  del  dibattimento,
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 7, decreto  legislativo  n.
24 settembre 2015, n. 158, nella parte in cui, con le lettere a) e b)
ha apportato modificazioni all'art. 10-bis,  decreto  legislativo  n.
74/2000, introducendo nella rubrica, dopo la  parola  «ritenute»,  le
seguenti: «dovute o»; nonche'  introducendo  nel  comma  1,  dopo  la
parola «ritenute», le  seguenti:  «dovute  sulla  base  della  stessa
dichiarazione o». 
    L'illegittimita' sarebbe dovuta al contrasto con l'art. 76 Cost.,
in riferimento alla legge delega 11 marzo 2014, n. 23. 
    Inoltre le parti, visto il mutamento  della  persona  fisica  del
giudice, reiteravano il consenso prestato all'acquisizione degli atti
d'indagine in relazione a tutti i procedimenti riuniti. Il  difensore
fiduciario chiedeva  altresi'  rinvio  dell'udienza,  a  prescrizione
sospesa, in quanto  sulla  questione  di  legittimita'  sollevata  ed
illustrata si attendeva  pronuncia  di  altro  giudice  del  medesimo
tribunale. 
    Si rinviava all'udienza del 3 marzo  2022,  in  previsione  della
quale, atteso l'ulteriore mutamento della persona fisica  dell'organo
giudicante nel frattempo intervenuto, il difensore  depositava  nuova
memoria  difensiva  a  sostegno  della  gia'   sollevata   eccezione,
segnalando che tale questione risultava gia' pendente ed in attesa di
giudizio avanti la Corte costituzionale in conseguenza dell'ordinanza
di  rimessione  promossa  dal  Tribunale  di  Monza  in  composizione
monocratica  in  data  27  maggio  2021,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale del 20 ottobre 2021, n. 42 (Reg. Ord. n. 155 del 2021), che
allegava. 
    Il difensore condivideva le argomentazioni del giudice rimettente
che,  oltre  alla  violazione  dell'art.  76  Cost.,  denunciava   la
contrarieta'  della  norma  all'art.  3  Cost.,  con  riferimento  ai
parametri di ragionevolezza estrinseca ed intrinseca. 
    Nell'udienza suddetta il difensore insisteva,  in  principalita',
affinche' il Tribunale sollevasse in  via  incidentale  questione  di
legittimita' costituzionale o, in subordine, disponesse un rinvio  in
attesa della decisione della Corte, la cui pronuncia e'  prevista  in
data 22 giugno 2022. 
    Il pubblico ministero aderiva a quest'ultima richiesta. 
    Questo Tribunale ritiene che la questione  di  costituzionalita',
cosi' come formulata, sia rilevante e  non  manifestamente  infondata
con riferimento all'art. 7 del decreto legislativo 24 settembre 2015,
n. 158 nella parte in cui modifica l'art. 10-bis, decreto legislativo
n. 741/2000, introducendo nella rubrica, dopo la  parola  «ritenute»,
le seguenti: «dovute o»; nonche' introducendo nel comma  1,  dopo  la
parola «ritenute», le  seguenti:  «dovute  sulla  base  della  stessa
dichiarazione o», e, dunque, dell'art. 10-bis, decreto legislativo n.
74/2000 nella versione risultante da tale  modifica,  per  violazione
degli articoli 25, 76, 77, comma 1, e dell'art. 3 della Costituzione. 
1. La vicenda dell'art. 10-bis, decreto legislativo n. 74/2000. 
    La  fattispecie  in  esame  non  era   presente   nell'originaria
formulazione del decreto legislativo n. 74/2000. 
    La   stessa   e'   stata   inserita,   nel   nostro   ordinamento
penale-tributario, dall'art. 1, comma 414, della  legge  30  dicembre
2004, n. 311 (meglio nota come «legge finanziaria 2005»). 
    Tale disposizione ha in effetti  reintrodotto,  pur  con  qualche
modifica,  il  vecchio  delitto  di  omesso  versamento  di  ritenute
certificate, gia' disciplinato dall'art. 2,  comma  3,  dell'abrogata
legge n. 516/1982. 
    L'introduzione di questa fattispecie  delittuosa  dimostra  come,
nel corso del primo decennio del nuovo secolo, il  legislatore  abbia
mutato la politica repressiva in ambito penale  tributario,  passando
dall'intenzione originaria del 2000, e cioe' quella di criminalizzare
la sola sottrazione dei debiti di imposizione operata  attraverso  la
violazione di obblighi relativi alle dichiarazioni annuali, a  quella
di punire l'omesso versamento delle imposte dovute. 
    Le ragioni di tale inversione di  tendenza  sono  indicate  nella
relazione governativa al disegno di legge della finanziaria del 2005:
«la constatata frequenza  del  fenomeno  ed  il  danno  che  da  tali
comportamenti deriva all'Erario, rendono necessario assicurare tutela
penale all'interesse protetto della corretta  e  puntuale  percezione
dei  tributi,  ancor  piu'  quando   il   comportamento   dell'omesso
versamento e' posto in  essere  da  soggetti  quali  i  sostituti  di
imposta che trattengono per riversare  all'Erario  tributi  di  altri
soggetti che con essi hanno rapporti: i sostituiti». 
    Per tale ragione venivano inseriti gli  articoli  10-bis  (omesso
versamento di ritenute certificate), 10-ter (omesso versamento diIva)
e 10-quater (indebita compensazione), con una  funzione  della  norma
penale che da strumento di repressione diveniva altresi' strumento di
tutela della pretesa erariale. 
    Tuttavia, cosi' come  strutturata,  la  norma  offriva  solo  una
tutela  parziale  al  bene  giuridico  rappresentato   dall'interesse
patrimoniale dell'Erario alla corretta  percezione  del  tributo,  in
quanto perseguiva penalmente  solo  la  condotta  del  sostituto  di'
imposta che, dopo aver corrisposto  somme  assoggettate  a  ritenuta,
rilasciato al sostituito la relativa certificazione e  presentato  il
modello 770, ometteva poi di versare  all'Erario  le  ritenute  cosi'
operate; mentre, paradossalmente, non veniva  punito  colui  che,  ad
esempio, corrispondeva somme «a nero» omettendo non  solo  di  pagare
all'Erario quanto dovuto, ma anche di rilasciare la certificazione ai
sostituiti e di presentare il modello 770. 
    In particolare, tre erano gli elementi costitutivi del reato: una
condotta omissiva, consistente nel «non  versare»  entro  il  termine
previsto  per  la  presentazione  della  dichiarazione   annuale   di
sostituto  di  imposta   ritenute   cosi'   come   risultanti   dalla
certificazione rilasciata ai  sostituiti;  una  condotta  commissiva,
posta in essere a monte, di effettuazione della ritenuta  alla  fonte
(da versare all'Erario)  a  seguito  dell'erogazione  di  somme;  una
condotta, parimenti commissiva, di rilascio  al  soggetto  sostituito
della certificazione attestante l'ammontare delle somme corrisposte e
delle  ritenute  operate.  Tale  struttura   complessa   del   reato,
costituito da una componente omissiva (il  mancato  versamento  delle
ritenute) ed una duplice componente commissiva (le  due  condotte  di
effettuazione delle ritenute  e  di  rilascio  della  certificazione)
comportava la qualificazione del rilascio delle certificazioni  quale
elemento  costitutivo  della   fattispecie   e   presupposto   logico
necessario del successivo versamento. 
    E' stato l'inciso «dovute sulla base della  stessa  dichiarazione
o» introdotto  con  la  riforma  del  2015  (decreto  legislativo  n.
158/2015)  a  ridimensionare  la  rilevanza   delle   certificazioni,
quantomeno dal punto di vista probatorio. La fattispecie  cosi'  come
riformulata, infatti, punisce il sostituto  d'imposta  che  entro  il
termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale non
versa le ritenute dovute  sulla  base  della  dichiarazione  o  delle
certificazioni rilasciate ai sostituiti. Cio' significa che la  prova
dell'omesso versamento  delle  ritenute  puo'  essere  fornita  dalla
pubblica  accusa  alternativamente,  sia  con  l'acquisizione  e   la
produzione in giudizio del modello 770, sia con la  produzione  delle
relative certificazioni rilasciate ai sostituiti d'imposta. 
    In questo consiste l'esito delle  modifiche  apportate  dall'art.
10-bis, decreto legislativo  n.  158/2015  che,  nell'intenzione  del
legislatore, dovrebbe semplificare  l'accertamento,  non  richiedendo
piu' come in passato che il pubblico ministero verifichi presso tutti
i soggetti «sostituiti» se abbiano ricevuto la  certificazione  delle
ritenute dal sostituto d'imposta,  risultando  sufficiente,  ai  fini
probatori, un riscontro documentale fra le  ritenute  dichiarate  nel
modello 770 e quelle non versate. Proprio in relazione al  differente
regime probatorio le SS.UU. della Corte di cassazione (sent. n. 24782
del 22 marzo 2018) hanno dichiarato che:  «con  riferimento  all'art.
10-bis nella formulazione  anteriore  alle  modifiche  apportate  dal
decreto legislativo n. 158 del 2015.  la  dichiarazione  modello  770
proveniente dal sostituto di imposta non puo' essere ritenuta di  per
se' sola sufficiente ad integrare la prova della avvenuta consegna al
sostituito  della  certificazione  fiscale».  La  Corte  ha   inoltre
chiarito - nell'ambito della stessa decisione -  che  trattandosi  di
modifiche aventi natura innovativa e non  interpretativa,  le  stesse
non operano retroattivamente,  con  la  conseguenza  che  peri  fatti
commessi prima dell'entrata in vigore della novella (22 ottobre 2015)
non e'  di  per  se'  sufficiente  l'allegazione  della  attestazione
(modello 770) proveniente dal sostituto d'imposta. 
    Si ritiene tuttavia che detta modifica operata con l'art.  7  del
decreto  legislativo  n.  158/2015  ponga   una   rilevante   e   non
manifestamente fondata questione di legittimita' costituzionale. 
2. La rilevanza della questione nel giudizio di merito. 
    La questione e' rilevante. 
    Emerge infatti, dalla lettura dei capi, d'imputazione n. 7  e  n.
8, che la fattispecie contestata e' quella di omesso versamento entro
il termine previsto per la presentazione della dichiarazione  annuale
di sostituto d'imposta (mod. 770/2017) delle  ritenute  dovute  sulla
base  della  stessa  dichiarazione,  riguardanti  redditi  di  lavoro
dipendente, per importi superiori alla soglia  di  centocinquantamila
euro per i periodi d'imposta 2017 (capo n. 7), 2015 e 2016  (capo  n.
8). Il momento consumativo,  per  entrambi  i  reati,  e'  successivo
all'entrata in  vigore  delle  modifiche  apportate  all'art.  10-bis
dall'art. 7 del decreto legislativo n. 158  del  24  settembre  2015,
ovvero il 22 ottobre 2015. 
    Si osserva che l'art. 23, comma  2,  legge  n.  87/1953,  laddove
facoltizza l'autorita' giurisdizionale a sollevare  la  questione  di
legittimita' costituzionale, lo fa alla condizione  che  il  giudizio
non possa essere definito indipendentemente dalla  risoluzione  della
stessa, cio' significando la sua  necessaria  strumentalita'  per  la
controversia nella quale si  e'  manifestato  il  sospetto  vizio  di
legittimita', che non puo' essere risolta senza  applicare  la  norma
censurata. 
    Nel caso di specie, poiche' la fattispecie ascritta all'imputato,
ovvero quella di omesso versamento delle ritenute dovute in base alla
dichiarazione  annuale  di  sostituto  d'imposta,  e'  quella  stessa
oggetto di censura,  e  poiche'  dunque  una  pronuncia  dichiarativa
dell'illegittimita' costituzionale della norma avrebbe  come  effetto
quello di far venir  meno  la  fattispecie  contestata  all'imputato,
dando cosi'  luogo  ad  una  sentenza  di  proscioglimento  ai  sensi
dell'art. 129 c.p.p. per essere il  fatto  non  piu'  previsto  dalla
legge come reato, e evidente la rilevanza della questione, posto  che
dalla risoluzione di essa  dipende  la  sussistenza  o  meno  di  una
pronuncia di proscioglimento o di condanna. 
    Si osserva che, poiche' la rilevanza della questione deve  essere
vagliata alla luce delle circostanze di fatto sussistenti al  momento
dell'ordinanza di remissione (C. Cost. sent. 42/2011), la valutazione
di questo giudice rimettente non puo' che fare  riferimento  al  capo
d'imputazione per accertare se  un'eventuale  pronuncia  della  Corte
costituzionale sia in grado di  incidere  sul  processo  nel  momento
preciso e puntuale in cui l'eccezione medesima e' sollevata. 
    E, infatti, la  difesa  dell'imputato  ha  prestato  il  consenso
all'acquisizione degli atti  di  indagine  compiuti  -  segnatamente,
degli atti dell'Amministrazione finanziaria sulla  scorta  dei  quali
sono state elevate le suddette contestazioni  in  sede  penale;  tali
atti si limitano, secondo quanto richiesto dalla novella del 2015,  a
rilevare l'omesso versamento di  ritenute  dovute  sulla  base  della
dichiarazione  (senza  quindi  alcun  accertamento   sulle   ritenute
operate), comportando dunque, laddove la questione non  fosse  posta,
una pronuncia di condanna, ovvero,  in  ogni  caso,  il  rischio  che
l'imputato subisca un processo penale  ed  eventuali  effetti  penali
sulla base di una norma sospettata di incostituzionalita'. 
3 La non manifesta infondatezza il contrasto con gli articoli 25,  76
e 77, comma 1 Cost. e con l'art. 3 Cost. 
    La questione di legittimita' costituzionale e' fondata. 
    La  questione  in  relazione  a  tali  parametri  e'  gia'  stata
sollevata, come detto, dal Tribunale di Monza  (ord.  del  27  maggio
2021) con cui  e'  stata  sottoposta  alla  Corte  costituzionale  la
questione in relazione all'art. 7, lettera b) del decreto legislativo
24 settembre 2015, n. 158, in riferimento all'aggiunta  delle  parole
«dovute sulla base della stessa dichiarazione o» nel testo  dell'art.
10-bis, decreto legislativo n. 74/2000 e  conseguentemente  dell'art.
10-bis, decreto legislativo n. 74/2000, siccome dal primo modificato,
per contrasto con gli articoli 25, comma 2, 76 e 77, comma 1 Cost., e
con l'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede la penale rilevanza di
omessi  versamenti  di  ritenute  dovute  sulla   base   della   mera
dichiarazione annuale di sostituto di imposta. 
    Questo giudice rimettente condivide le argomentazioni svolte. 
    3.1  In  particolare,  con  riferimento  alla  violazione   degli
articoli 25, 76 e 77, comma 1 Cost., si osserva che e'  riconosciuta,
in capo al legislatore delegato,  una  «fisiologica  [...]  attivita'
normativa di completamento e sviluppo  delle  scelte  del  delegante»
(Corte Cost. sentenza n. 194 del 2015), che  deve,  pero',  svolgersi
nell'alveo delle  scelte  di  fondo  operate  dal  legislatore  della
delega, nel pieno rispetto della ratio di quest'ultima e in  coerenza
con il complessivo quadro normativo (Corte Cost. sentenza n.  59  del
2016). 
    Le  disposizioni  contenute  nella  legge  delega  concorrono   a
formare, quali norme interposte, il  parametro  di  costituzionalita'
dei decreti legislativi delegati (Corte Cost. sentenza  n.  59/2016):
il contrasto tra norma delegata e norma delegante,  per  inosservanza
dei principi e  criteri  direttivi  o  del  limite  temporale  o  per
esorbitanza dall'oggetto  della  delega,  si  traduce  in  violazione
indiretta dell'art. 76 Cost., integrando la tipica figura  del  vizio
di eccesso di delega. 
    Fin dalla sentenza n. 3/1957, la Corte ha  affermato  la  propria
competenza a giudicare della costituzionalita' delle  leggi  delegate
in riferimento anche al relativo procedimento di formazione, al  fine
di  garantire  il  rispetto  del  principio  generale  di   carattere
costituzionale che riserva al Parlamento l'esercizio in via ordinaria
della funzione legislativa (art.  70  Cost.),  salve  le  eccezionali
ipotesi di potesta' normativa primaria del Governo. Le leggi delegate
incorrono nel vizio di eccesso di delega ove manchino di rispettare i
limiti al potere legislativo delegato indicati nella legge di delega.
L'eccesso  di  delega,  traducendosi  in  un'usurpazione  del  potere
legislativo da parte del Governo, concretizza la violazione dell'art.
76 Cost., confermando il principio che soltanto  il  Parlamento  puo'
fare le leggi. 
    Detti principi assumono un ancor piu'  pregnante  significato  in
ambito penale, ove vige il principio della riserva di legge, previsto
dall'art.  25  Cost.,  che  ha  voluto  riservare  la   c.d.   scelta
incriminatrice al  Parlamento,  cioe'  all'Istituzione  che  soddisfa
maggiormente  e  direttamente  le  esigenze   di   democraticita'   e
rappresentativita'     che      costituiscono      il      fondamento
politico-garantista  di  tale  principio.  E   dunque,   laddove   il
Parlamento deleghi al Governo la scelta dei  fatti  da  sottoporre  a
pena e delle sanzioni da applicare,  affinche'  l'esercizio  di  tale
potere  sia  costituzionalmente  legittimo,  esso  deve  avvenire  in
conformita' con i principi ed i  criteri  direttivi  determinati  dal
Parlamento. Stabilisce infatti la Corte  costituzionale  che  ove  si
discuta della predisposizione, da parte del legislatore delegato,  di
un meccanismo di tipo sanzionatorio  privo  di  espressa  indicazione
nell'ambito della  delega,  lo  scrutinio  di  «conformita'»  tra  le
discipline appare  particolarmente  delicato  e  cio'  in  quanto  la
sanzione  non  rappresenta   l'indispensabile   corollario   di   una
prescrizione (Corte Cost. sent. n. 98 del 2015). 
    E' allora evidente lo stretto legame tra gli  articoli  25  e  76
Cost.,  che  impone  una  lettura  piu'  stringente  del  secondo  in
relazione  al  primo  nel  contesto  del  sindacato  di  legittimita'
costituzionale del decreto delegato e,  segnatamente,  dell'esercizio
degli spazi di discrezionalita'  affidati  all'esecutivo  in  materia
penale dalla legge delega (Corte cost. 23 gennaio 2014 n. 5). 
    Cio'  posto,  per  vagliare   la   legittimita'   dell'intervento
dell'esecutivo nel caso di specie, e  dunque  per  verificare  se  il
Governo abbia compiuto scelte legislative  esorbitanti  il  perimetro
definito  dal  Parlamento,  occorre  prendere  in  esame  i   criteri
direttivi indicati dall'art. 8 della legge 11 marzo 2014, n.  23  (di
delega di riforma del sistema tributario), sul punto  ricordando  che
gia' le Sezioni Unite nella citata pronuncia sottolineavano che detta
legge delega, con riferimento alle fattispecie meno gravi (cui  viene
ricondotta   l'omissione   in   questione),   prevedeva    solo    ed
esclusivamente di  ridurre  le  sanzioni  o  di  applicare,  sanzioni
amministrative  e  non  autorizzava  il  Governo  in  alcun  modo  ad
estendere la portata dell'incriminazione attraverso la previsione  di
una condotta in precedenza penalmente irrilevante. 
    Ed infatti, l'art. 8, nel  prevedere  la  revisione  del  sistema
sanzionatorio, stabilisce al comma 1 che: «Il Governo e'  delegato  a
procedere,  con  i  decreti  legislativi  di  cui  all'art.   1, alla
revisione del sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri
di predeterminazione e di proporzionalita' rispetto alla gravita' dei
comportamenti, prevedendo:  la  punibilita'  con  la  pena  detentiva
compresa fra un minimo di sei mesi e un massimo di  sei  anni,  dando
rilievo,  tenuto  conto  di  adeguate  soglie  di  punibilita',  alla
configurazione del reato per i comportamenti fraudolenti,  simulatori
o finalizzati alla creazione e all'utilizzo di documentazione  falsa,
per i quali non  possono  comunque  essere  ridotte  le  pene  minime
previste dalla legislazione vigente alla data di  entrata  in  vigore
del  decreto-legge  13  agosto  2011,   n.   138,   convertito,   con
modificazioni,   dalla   legge   14   settembre   2011,    n.    148;
l'individuazione dei confini tra le fattispecie di elusione e  quelle
di evasione  fiscale  e  delle  relative  conseguenze  sanzionatorie;
l'efficacia  attenuante  o  esimente  dell'adesione  alle  forme   di
comunicazione e di cooperazione rafforzata di cui all'art.  6,  comma
1; la revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema
sanzionatorio  amministrativo  al  fine  di  meglio  correlare,   nel
rispetto del principio di proporzionalita', le sanzioni all'effettiva
gravita' dei comportamenti; la possibilita' di  ridurre  le  sanzioni
per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni  amministrative
anziche'  penali,  tenuto  anche  conto   di   adeguate   soglie   di
punibilita';  l'estensione  della   possibilita',   per   l'autorita'
giudiziaria, di affidare in custodia giudiziale  i  beni  sequestrati
nell'ambito di procedimenti penali relativi a delitti tributari  agli
organi dell'amministrazione finanziaria che ne facciano richiesta  al
fine di utilizzarli direttamente per le proprie esigenze operative». 
    Dalla lettura di tali principi e criteri direttivi  emerge,  come
rilevato dalla Suprema Corte, che non vi e' alcuna indicazione  circa
una eventuale estensione delle fattispecie di cui all'art. 10-bis del
decreto legislativo  n.  74/2000  e  dei  comportamenti  che  possono
condurre all'incriminazione per  omesso  versamento  di  ritenute.  E
infatti il reato di cui all'art. 10-bis rientra, insieme a quello  di
cui all'art. 10-ter, tra le fattispecie meno gravi, in relazione alle
quali il legislatore delegante aveva  previsto  tre  opzioni  per  il
legislatore delegato: abolire completamente i delitti, mantenerli  ed
elevare le soglie di  punibilita'  con  una  solo  parziale  abolitio
criminis, lasciarne inalterata la tipicita' ma  ridurre  la  risposta
sanzionatoria.  Nonostante  l'ampiezza  dei  criteri   indicati   dal
legislatore  delegante,  in  alcun  modo   vi   e'   dato   scorgervi
l'indicazione dell'estensione della tipicita'  della  fattispecie  di
cui all'art. 10-bis a condotte diverse da quelle  gia'  descritte  al
momento della delega (e, segnatamente, a quella di omesso  versamento
di   ritenute   risultanti   dalla   certificazione   rilasciata   ai
sostituiti). Cio' anche in considerazione della rubrica dell'art.  8,
che parla di «revisione» del sistema  sanzionatorio,  e  non  di  una
riformulazione delle figure delittuose previste  dal  sistema  penale
tributario. 
    Secondo il costante orientamento della Corte  costituzionale  «la
previsione di cui all'art. 76 Cost. non osta all'emanazione, da parte
del legislatore delegato, di  norme  che  rappresentino  un  coerente
sviluppo e un completamento delle  scelte  espresse  dal  legislatore
delegante, dovendosi escludere che la funzione del primo sia limitata
ad  una  mera  scansione  linguistica  di  previsioni  stabilite  dal
secondo» (sentenza n. 194 del 2015; nello stesso senso,  sentenze  n.
146 e n. 98 del 2015). 
    Ebbene,  la  scelta  del  legislatore  delegato   di   introdurre
l'ulteriore condotta dell'omesso  versamento  delle  ritenute  dovute
sulla base della  dichiarazione  (modello  770)  non  rappresenta  il
corretto esercizio della fisiologica  attivita'  di  riempimento  che
lega i due livelli normativi (sentenza n. 230 del 2010), in  coerenza
con la ratio della legge delega (sentenza n. 229 del 2014). 
    Ed infatti, se da  un  lato,  quanto  al  precetto,  la  modifica
apportata  dalla  novella  qui  censurata  risulta  coerente  con  la
direttiva della delega, muovendosi in una direzione restrittiva della
sfera di rilevanza criminale delle condotte del sostituto, attraverso
l'innalzamento della soglia di punibilita' da 50.000 a 150.000  euro,
dall'altro, con riferimento alla tipicita', essa opera  in  un  verso
espansivo,  attraverso  un  sintagma  che   inserisce   nel   computo
dell'imposta  non  versata  «le  imposte  dovute  sulla  base   della
dichiarazione  del  sostituto»  (modello  770),  allargando  cosi  lo
spettro  delle  condotte  punibili  alle  ipotesi  di  ritenute   non
certificate, ma  semplicemente  dovute,  come  indicato  nella  nuova
rubrica dell'art. 10-bis del decreto legislativo n. 74/2000. 
    Dell'ampliamento operato e' consapevole il legislatore  delegato,
come si legge nella Relazione illustrativa al decreto legislativo  n.
158/2015: «si e' proceduto, inoltre,  ad  integrare  la  rubrica  del
novellato art. 10-bis del decreto legislativo  n.  74  del  2000,  in
materia di omesso versamento di ritenute  certificate,  tenuto  conto
delle modifiche introdotte e,  in  particolare,  dell'estensione  del
comportamento omissivo non piu' alle sole ritenute "certificate",  ma
anche a quelle "dovute" sulla base della  dichiarazione  annuale  del
sostituto d'imposta». 
    Si legge inoltre nella relazione  dell'Ufficio  massimario  della
Corte di cassazione sul decreto  legislativo  n.  158/2015  (Rel.  n.
III/05/2015, p. 27), circa l'interpretazione del nuovo  art.  10-bis,
«pare comunque di poter  escludere  che  la  disposizione  introdotta
possa definirsi norma di interpretazione autentica,  intanto  perche'
cosi' non si autoqualifica, ma soprattutto perche' non  si  limita  a
chiarire la portata applicativa della disposizione precedente ma anzi
ne integra il  precetto,  cosi  dando  mostra  di  non  rispettare  i
tradizionali  indicatori  della  norma   interpretativa,   per   come
rassegnati  nella  giurisprudenza  costituzionale»,  (richiamando  in
proposito Corte cost., sent. n. 525/2000 e n. 41/2001). 
    Tale ampliamento si pone in contrasto con gli articoli 25,  comma
2, 76 e 77, comma 1, della Costituzione. 
    3.2  Con  riferimento   poi   alla   violazione   del   parametro
costituzionale  dell'uguaglianza-ragionevolezza,  preliminarmente  si
osserva  che  la  discrezionalita'  del   legislatore   delegato   e'
correttamente esercitata allorche' dia luogo  a  scelte  conformi  al
generale principio di ragionevolezza  e  proporzionalita'  desumibile
dall'art. 3 Cost. Quando vi e', infatti, la possibilita' di scegliere
fra piu' mezzi per realizzare l'obiettivo  indicato  nella  legge  di
delegazione, la soluzione adottata deve rispettare  il  canone  della
ragionevolezza (Corte Cost. sentenza n. 59/2016). 
    Anche sotto tale profilo, l'art. 7  del  decreto  legislativo  n.
158/2015 risulta costituzionalmente illegittimo. 
    In primo luogo, con riferimento al  principio  di  ragionevolezza
estrinseca (o di uguaglianza-ragionevolezza). 
    Si osserva che nell'impianto complessivo del decreto  legislativo
n. 74/2000,  maggiore  disvalore  (cui  corrisponde  un  piu'  severo
trattamento   sanzionatorio)   viene   assegnato   ai   delitti    di
dichiarazione  fraudolenta  finalizzata  all'evasione  rispetto  alle
fattispecie concernenti la fase liquidatoria del tributo, e  cio'  in
quanto la condotta meramente omissiva  e'  connotata  da  una  minore
offensivita' di quella commissiva di falsita' o di infedelta' che,  a
monte,  intenda  eludere  gli  obblighi  fiscali   tramite   artifici
simulatori o fraudolenti. 
    Per tale ragione appare irragionevole la predisposizione  di  una
sanzione penale per l'omesso versamento di ritenute dovute sulla base
della  mera  dichiarazione  del  sostituto  d'imposta  e,  viceversa,
l'irrilevanza penale della falsificazione o infedele  predisposizione
di quest'ultima. 
    Cosi',  mentre  il  contribuente  che   presenta   una   regolare
dichiarazione ma ometta  di  versare  le  ritenute  viene  sanzionato
penalmente, quello che - pur essendo debitore verso  l'Erario  di  un
importo  analogo  -  presenta  una  dichiarazione  che   ne   attesta
falsamente uno inferiore alla soglia di rilevanza penale,  va  esente
da pena. 
    In  cio'  risiede  il  carattere  di  manifesta  irragionevolezza
dell'art.  10-bis  per  contrasto  con  l'art.  3  Cost.  avendo   il
legislatore regolato in termini deteriori condotte meno gravi (quelle
attinenti   alla   fase   liquidatoria   del   tributo)   di   quelle
caratterizzate da piu' intenso disvalore (gli illeciti  dichiarativi)
e tuttavia  sfornite  di  tutela  penale.  Detto  in  altri  termini,
comportamenti piu' gravi devono essere sanzionati in modo piu' grave,
e l'infedele dichiarazione di un reddito finalizzata  ad  evadere  un
tributo e' comportamento piu'  grave  dell'omesso  versamento  di  un
tributo regolarmente dichiarato. 
    Questo per intuitive ragioni, gia' espresse  dalla  stessa  Corte
costituzionale,  quando  ha  dichiarato   l'illegittimita'   parziale
dell'art. 10-ter (Corte Cost. sent. 80/2014): «il  contribuente  che,
al fine di evadere l'IVA, presenta una dichiarazione infedele  o  non
presenta affatto la dichiarazione, tiene una condotta certamente piu'
"insidiosa" per l'amministrazione finanziaria - in quanto  idonea  ad
ostacolare l'accertamento dell'evasione (...) - rispetto a quella del
contribuente che, dopo aver presentato la  dichiarazione,  omette  di
versare l'imposta da lui stesso autoliquidata (...). In questo  modo,
infatti, il contribuente rende  la  propria  inadempienza  tributaria
palese e immediatamente percepibile dagli organi accertatori (...)». 
    Del resto,  che  tale  sia  la  gerarchia  di  disvalore  tra  le
fattispecie e testimoniato anche dalle cornici edittali. Si prenda ad
esempio l'imposta sul valore aggiunto: piu' dure  le  sanzioni  della
omessa  o  infedele  dichiarazione,  rispetto  a  quelle  per  omesso
versamento. Cosi' anche nel caso della  dichiarazione  del  sostituto
d'imposta, ove  piu'  dura  e'  la  sanzione  prevista  per  l'omessa
dichiarazione (art. 5, comma 1-bis) rispetto a  quella  prevista  per
l'omesso versamento delle ritenute (art. 10-bis). 
    3.3 Ulteriore profilo di  illegittimita'  della  norma  in  esame
attiene  poi  alla  sua  intrinseca  irragionevolezza.  Ed   infatti,
l'estensione  della  tipicita'  operato   con   l'art.   7,   decreto
legislativo n. 158/2015 all'art.  10-bis  alla  semplice  indicazione
delle ritenute nel modello 770 (quale  presupposto  alternativo  alla
certificazione  rilasciata   ai   sostituti)   affida   allo   stesso
contribuente la determinazione arbitraria dell'imposta evasa, con  la
conseguenza che  cio'  costituira'  paradossalmente  un  incentivo  -
nell'assenza,  come  rilevato,  di   una   norma   che   punisca   la
dichiarazione fraudolenta - alla presentazione  di  modelli  770  non
veritieri e dunque con l'indicazione di importi sotto la soglia della
punibilita'. 
    Tali  conclusioni  si  pongono  in  contrasto  con   i   principi
ispiratori previsti dall'art. 8 della legge delega 11 marzo 2014,  n.
23 volti alla revisione del sistema sanzionatorio  penale  tributario
secondo criteri di predeterminazione e di  proporzionalita'  rispetto
alla  gravita'  dei  comportamenti,  nonche'  con  il  principio   di
uguaglianza, anch'esso espressamente  previsto  dalla  legge  delega,
all'art. 1. 
    Per  tutte  le  considerazioni  svolte  l'art.  7   del   decreto
legislativo n. 158/2015 - nella parte in  cui  estende  la  tipicita'
dell'art.  10-bis  del  decreto  legislativo  n.   74/2000   sino   a
ricomprendervi l'omesso versamento di ritenute risultanti sulla  base
della sola dichiarazione annuale presentata dal sostituto d'imposta -
risulta costituzionalmente illegittimo con riferimento agli  articoli
76 e 77, comma 1 Cost. in relazione all'art. 25  Cost.,  nonche'  con
l'art. 3 Cost.